SO THIS IS GAYNA (Emo Pettinoori RMX)
-non era male la bionda che ha fatto la mossa di seguirci
-giusto la mossa ha fatto pero'
-beh se magari tu le rivolgevi almeno la parola
-adesso devo fare il lavoro sporco per te?
-oh il mio era un tu generico, cazzo
improvvisamente ritorna Londra, anche se solo per un paio di giorni. Un canchero di tempo messo in mezzo alla settimana in cui ritrovarsi in un posto completamente diverso senza uno scopo preciso. Guardati sti gruppi han detto, beviti qualche birra. E chi siamo noi per dire di no? All'arrivo c'e' talmente tanta nebbia che anche atterrati la sensazione e' quella di camminare ancora sopra le nuvole. Passa subito anche questo: la citta' e' la solita pozza luminosa, umida ed agitata. Treno per Vittoria, buss pass per oggi e domani, un'occhiata alla pensilina, tutto in automatico. Ci si muove da queste parti come in un luogo estraneo ma neppure troppo, le rotte dei bus si confondono: 137, 92, 12, 27, prendiamo il 73, proprio come a Milano per andare al Magnolia. Questo giro la direzione e' King's Cross, a due passi dalla stazione, dietro quel The Scala dove i Mouse On Mars misero assieme uno dei piu' bei concerti della mia vita. Gli infiniti controlli di polizia ci hanno gettato in un terrore tale da averci fatto mollare a casa Shampoo e dentifricio, lo Zio e' stato perquisito a Linate perche' pensavano volesse far saltare tutto con una boccia di Nivea. In effetti e' sospetto che un metallaro usi del deodorante. Appena il tempo di posare giu' le cose e accorgersi di dormire sopra i binari che gia' siamo in un ristorante indiano. Piu' del curry, del masala e dei ceci piccanti e' della lubrificante birra cobra che abbiamo bisogno: sgombera le arterie come niente altro. Camden di martedi' sera e' decisamente meno affollata che nel fine settimana, chi vuole uscira sa dove sta andando e smarca i pusher per strada come i birilli di un percorso ad ostacoli. Obiettivo un Camden Lock dove son rimaste accese solo le insegne dei neon, nessuna traccia di esseri umani. Girato l'angolo ovviamente il caos: il posto si chiama Dingwalls ed ha uno dei bar piu' gremiti che mi sia capitato di vedere. Sul palco salgono i Bonde Do Role, nuovo gruppo Domino in odore di Cansei De Ser Sexy. Anche loro brasiliani, anche loro elettronici favela-chic, anche loro con una vocalist moretta sovrappeso, il tutto prodotto da Diplo. L'inglesissima tipa della label ci dice che il loro uomo-macchina e' rimasto fuori dall'Inghilterra causa problemi di passaporto. Forse anche lui e' un terrorista da deodorante, e' certo che quelli che stiamo vivendo sono strani giorni. Seguiamo il concerto con la coda dell'occhio sgomitando tra una indie-folla molto meno vestitissima che ad una qualunque serata milanese. I cuba libre sono serviti su bicchieri piccolissimi, pazienza. Tra un concerto e l'altro ci sono un paio di Hot Chip a metter dei dischi: alernano un pezzo identico a quelli dei loro dischi ad un altro completamente random: il tema di Twin Peaks, qualcosa alla Solid Groove, etc etc. Salgono sul palco i Junior Boys e l'impressione di vederli alle prese con un vero basso/batteria e' subito promettente. In effetti la finezza quasi impalpabile delle loro canzoni trova sostanza in arrangiamenti live che fanno girare tutto splendidamente puntando sulla groova. Loop di chitarrine funky, tamburi effettati e ascelle pezzate. Un piccolo problema tecnico inceppa il concerto ma il ritorno dopo 5 minuti con Teach Me How To Fight e' di quelli da lacrime. L'immagine presente in mezzo alla folla londinese con questo micro bicchiere di coca e rum si sovrappone a quella afosa di qualche estate fa, al tempo si beveva del Mohito. Il corto circuito fa parte dello sballo di svegliarsi in un paese, volare in un altro, ingurgitare pietanze piccanti, bere tantissimo alcol e pestare il piede a tempo con elettronica pettinata del genere. Il concerto finisce e il posto si svuota a tempo di record: rimaniamo noi, Four Tet, i musicisti e le loro compagne, alcune solo aspiranti tali. Sentiamo di non poter competere con l'occhialone nerd degli Hot Chip e ci ritiriamo frettolosamente. Qualcuno tenta il tutto per tutto in un pub gay a Soho, altri per una parallela chiosa ambigua bevendo un the' stesi nello stesso letto d'albergo.
non sei soddisfatto di questo post? Leggi la versione metal su Nonsischerzapiu'
-giusto la mossa ha fatto pero'
-beh se magari tu le rivolgevi almeno la parola
-adesso devo fare il lavoro sporco per te?
-oh il mio era un tu generico, cazzo
improvvisamente ritorna Londra, anche se solo per un paio di giorni. Un canchero di tempo messo in mezzo alla settimana in cui ritrovarsi in un posto completamente diverso senza uno scopo preciso. Guardati sti gruppi han detto, beviti qualche birra. E chi siamo noi per dire di no? All'arrivo c'e' talmente tanta nebbia che anche atterrati la sensazione e' quella di camminare ancora sopra le nuvole. Passa subito anche questo: la citta' e' la solita pozza luminosa, umida ed agitata. Treno per Vittoria, buss pass per oggi e domani, un'occhiata alla pensilina, tutto in automatico. Ci si muove da queste parti come in un luogo estraneo ma neppure troppo, le rotte dei bus si confondono: 137, 92, 12, 27, prendiamo il 73, proprio come a Milano per andare al Magnolia. Questo giro la direzione e' King's Cross, a due passi dalla stazione, dietro quel The Scala dove i Mouse On Mars misero assieme uno dei piu' bei concerti della mia vita. Gli infiniti controlli di polizia ci hanno gettato in un terrore tale da averci fatto mollare a casa Shampoo e dentifricio, lo Zio e' stato perquisito a Linate perche' pensavano volesse far saltare tutto con una boccia di Nivea. In effetti e' sospetto che un metallaro usi del deodorante. Appena il tempo di posare giu' le cose e accorgersi di dormire sopra i binari che gia' siamo in un ristorante indiano. Piu' del curry, del masala e dei ceci piccanti e' della lubrificante birra cobra che abbiamo bisogno: sgombera le arterie come niente altro. Camden di martedi' sera e' decisamente meno affollata che nel fine settimana, chi vuole uscira sa dove sta andando e smarca i pusher per strada come i birilli di un percorso ad ostacoli. Obiettivo un Camden Lock dove son rimaste accese solo le insegne dei neon, nessuna traccia di esseri umani. Girato l'angolo ovviamente il caos: il posto si chiama Dingwalls ed ha uno dei bar piu' gremiti che mi sia capitato di vedere. Sul palco salgono i Bonde Do Role, nuovo gruppo Domino in odore di Cansei De Ser Sexy. Anche loro brasiliani, anche loro elettronici favela-chic, anche loro con una vocalist moretta sovrappeso, il tutto prodotto da Diplo. L'inglesissima tipa della label ci dice che il loro uomo-macchina e' rimasto fuori dall'Inghilterra causa problemi di passaporto. Forse anche lui e' un terrorista da deodorante, e' certo che quelli che stiamo vivendo sono strani giorni. Seguiamo il concerto con la coda dell'occhio sgomitando tra una indie-folla molto meno vestitissima che ad una qualunque serata milanese. I cuba libre sono serviti su bicchieri piccolissimi, pazienza. Tra un concerto e l'altro ci sono un paio di Hot Chip a metter dei dischi: alernano un pezzo identico a quelli dei loro dischi ad un altro completamente random: il tema di Twin Peaks, qualcosa alla Solid Groove, etc etc. Salgono sul palco i Junior Boys e l'impressione di vederli alle prese con un vero basso/batteria e' subito promettente. In effetti la finezza quasi impalpabile delle loro canzoni trova sostanza in arrangiamenti live che fanno girare tutto splendidamente puntando sulla groova. Loop di chitarrine funky, tamburi effettati e ascelle pezzate. Un piccolo problema tecnico inceppa il concerto ma il ritorno dopo 5 minuti con Teach Me How To Fight e' di quelli da lacrime. L'immagine presente in mezzo alla folla londinese con questo micro bicchiere di coca e rum si sovrappone a quella afosa di qualche estate fa, al tempo si beveva del Mohito. Il corto circuito fa parte dello sballo di svegliarsi in un paese, volare in un altro, ingurgitare pietanze piccanti, bere tantissimo alcol e pestare il piede a tempo con elettronica pettinata del genere. Il concerto finisce e il posto si svuota a tempo di record: rimaniamo noi, Four Tet, i musicisti e le loro compagne, alcune solo aspiranti tali. Sentiamo di non poter competere con l'occhialone nerd degli Hot Chip e ci ritiriamo frettolosamente. Qualcuno tenta il tutto per tutto in un pub gay a Soho, altri per una parallela chiosa ambigua bevendo un the' stesi nello stesso letto d'albergo.
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Etichette: L'angolo della storiella, Vado e poi torno
3 Comments:
una indie-folla molto meno vestitissima che ad una qualunque serata milanese.
genio
ps capazza fottiti
io al Dingwalls ci andavo a vedere i Cramps tu ci vai a vedere sti richhioni dei Junior Boys , che lo sai mi fanno venire l'orchite acuta al secondo accordo .....
su "vestitissima" però andava quantomeno messo un "(cit.)".
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